Con ‘Ora Italica’, o ‘Ora Boema’, si intende il sistema di misurare il giorno che prevede la sua divisione in 24 ore, iniziando il conteggio dal tramonto. Si adottò in Italia, ma anche in Polonia e nelle regioni storiche della Boemia e Slesia, dal XIV secolo sino a fine del XVIII secolo, quando Napoleone lo sostituì con l’attuale sistema a ‘ora moderna’ che tutti conosciamo, e che prevede il conteggio delle ore a partire dalla mezzanotte. Una variante dell’ora italica era quella di iniziare a conteggiare la giornata al momento del crepuscolo, mezz’ora dopo il tramonto, proprio ‘a sole calato’.

Orologi da torre a ore italiche

Solo dal XIII secolo fu disponibile uno strumento accessibile a tutti che scandiva il tempo: l’orologio meccanico posto sulla torre. Con esso si regolava il lavoro nei campi e tutte le altre attività del giorno. Più che il suo quadrante (mostra), sempre con una sola sfera, era fondamentale la suoneria sulle campane, perché ben udibile in tutto il territorio della comunità.

Esistevano sostanzialmente due tipologie di orologi a ore italiche: con quadrante a 24 ore e con quadrante a 6 ore.

Quadrante a 24 ore

L’unica sfera compiva un giro al giorno sul quadrante diviso in 24 settori. A ricordare il sole, come base di ogni misurazione dei cicli della vita, la sfera spesso aveva al centro o sulla punta la rappresentazione di un sole dardeggiante.

Il posizionamento del numero XXIIII, e di seguito a giro tutti gli altri, era comunemente all’estrema destra (cioè le ore 3 degli orologi attuali): la sfera girava in senso orario e al compimento dell’ora ventiquattresima (momento del tramonto) si trovava sempre in questa posizione orizzontale.  L’avanzare della notte corrispondeva allo scendere della sfera al di sotto della linea orizzontale. Ci sono però casi in cui il numero XXIIII era posizionato diversamente. Un esempio è l’orologio interno al Duomo di Firenze, dove il numero XXIIII si trova in basso a sinistra e la numerazione e il giro della sfera sono in senso antiorario.   A volte si posizionava il numero XXIIII sul quadrante in modo che al tramonto la sfera indicasse sì il compimento della ventiquattresima ora, ma anche la direzione reale dove il sole  tramontava rispetto all’orologio. Questo a testimonianza di come si volesse in ogni modo simboleggiare lo strettissimo legame tra la misurazione del tempo e il nostro astro, responsabile dei cicli di luce e tenebre, delle attività e in definitiva della vita degli esseri viventi.

Quadrante a 6 ore

Per motivi di praticità di costruzione e per una più immediata interpretazione della suoneria, molti orologi a ora italica avevano il quadrante diviso in soli sei numeri, e battevano le ore sulla campana da uno a sei. Li definiamo a ora italica ‘alla romana’. L’ora del tramonto era identificata dall’ora sesta, cioè al compimento dell’ora sesta. Nel corso della giornata la sfera compiva quattro giri.  Il secondo giro della sfera andava dall’ora settima alla dodicesima (seconda parte della notte), il terzo giro andava dall’ora tredicesima alla diciottesima (la mattina), l’ultimo dalla diciannovesima alla ventiquattresima (pomeriggio).

La disposizione del numero 6 sembra essere stata sempre in alto (cioè le ore 12 degli orologi attuali) e, tranne rare eccezioni, la numerazione e il giro della sfera  seguivano sempre il senso orario. L’ora del tramonto quindi vedeva sempre la sfera in posizione verticale rivolta verso l’alto.

Giorno italico

L’astronomia definisce il giorno solare medio come il tempo necessario alla terra per compiere un giro intorno a sé stessa.  Nella complessa e precisissima formula matematica si tiene conto anche di una piccola frazione della rivoluzione della terra intorno al sole che fa sembrare più lungo il giorno di una manciata di minuti. Noi umani però, il giorno lo percepiamo più semplicemente come il tempo di un ciclo. Quello tra due risvegli, tra due ora di cena, tra due buonanotte, tra due albe o… tra due tramonti.

Nel nostro attuale sistema ad ‘ore moderne’, il giorno è il tempo tra una mezzanotte e l’altra, o tra un mezzodì e l’altro (cosa più evidente ma identica). Ciclo sempre uguale, della stessa durata. L’astronomia ce lo conferma.  Sempre, a prescindere da quando il sole sorge o tramonta. Sempre, per tutto l’anno e per tutti gli anni.

Nel sistema a ‘ore italiche’ invece, durante l’anno il giorno italico non sempre ha la stessa durata! Il tempo tra un tramonto e il successivo può essere di ventiquattro ore meno uno o due minuti (da giugno a dicembre andando verso l’inverno) oppure di ventiquattro ore più uno o due minuti (da dicembre a giugno andando verso l’estate). Solo verso la metà di giugno e la metà di dicembre ci sono due manciate di giorni italici uguali.

Per questo occorreva intervenire periodicamente sugli orologi all’italiana per rimettere l’orario, e fare in modo che l’ora ventiquattresima corrispondesse sempre con il momento del tramonto.

Sebbene oggi ci sembra un’assurdità intervenire così spesso su un orologio, al tempo era una cosa assolutamente normale. Innanzitutto i movimenti meccanici del tempo richiedevano la ricarica manuale dei pesi ogni giorno, e una continua manutenzione. Avevano poi una precisione…. adeguata con le esigenze del tempo. Era quindi comunque necessario, per ogni comunità, un ‘uomo del tempo’, incaricato alla cura e al mantenimento dell’orologio del paese: il ‘moderatore’. Così, oltre alla carica e alla manutenzione, provvedeva anche a regolare l’orologio con l’ora del tramonto locale segnata da una meridiana o ricavata a occhio da alcune ombre di riferimento.

Ieri, oggi

Sveglia alle 7:00, alle 8:00 parte il treno, alle 13:30 la campanella di fine lezione, alle 18:00 si sospende il lavoro, alle 19:30 aperitivo con gli amici, dopo il tg delle 23:30 a letto.

Sembra che la nostra vita si sviluppi sopra una sorta di griglia di riferimento fatta di ore. Una griglia che ci siamo costruiti noi uomini per dare ordine alle nostre relazioni e per regolare le nostre attività. Ogni mezzanotte si ripete il ciclo, sul calendario barriamo il giorno passato e inizia il nuovo giorno.

Con questo sistema di misurare il tempo a ‘ore moderne’ ci siamo nati. È radicato profondamente in noi. Addirittura spesso la mattina ci svegliamo due minuti prima che suoni la sveglia. È naturale che ci sembri che sia stato sempre così…  In realtà questo modo di intendere e misurare il tempo ha poco più di duecento anni! Ha assunto diversi nomi: ‘a ore astronomiche’ ‘alla francese’, ‘a ore ultramontane’, ‘ora moderna’.  Napoleone alla fine del XVIII secolo introdusse la sostituzione del vecchio sistema ‘a ore italiche’. Il cambiamento rivoluzionò la vita degli italiani, che per anni protestarono trovandosi disorientati. Fu però un passo necessario per mettere ordine tra  persone che si spostavano sempre più, e che di lì a poco sarebbero state sempre più connesse con mezzi come il treno, il telegrafo e… conosciamo poi l’evoluzione che portò alla globalizzazione. Sì, perché questa ‘ora moderna’ è riferimento assoluto per tutti nel mondo. Lo stesso tempo codificato in tutto il mondo. Le nostre 24 ore dividono il giorno da una mezzanotte all’altra. Visto che nel mondo la mezzanotte non capita per tutti allo stesso momento, nel 1883 ci siamo poi tutti messi d’accordo seguendo la convenzione del Tempo Coordinato Universale (UTC) che individua delle porzioni di pianeta tra meridiano e meridiano (fusi orari) dove vige la stessa ora, e passando da una porzione all’altra si ‘trasla’ l’orario di un’ora in avanti o indietro. Insomma, in questo momento sappiamo in modo quasi immediato che ora è in ogni parte del mondo, e anche con una precisione assoluta. E così tutto il mondo si può ritrovare davanti alla tv nello stesso momento per assistere alla trasmissione di una finale dei mondiali di calcio. 

Dimentichiamoci per il momento le nostre care ‘ore moderne’. Immaginiamo cosa succederebbe se quel giorno dei mondiali tutto il mondo si regolasse con l’ora italica. D’altronde l’abbiamo usata secoli e secoli, molto di più delle ore moderne… Perché la cosa non deve funzionare?!… Immaginiamo anche orologi precisi al minuto, come sappiamo fare oggi. Magari incorporati nel nostro smart phone.

La partita si gioca a Roma il 25 settembre 2021 all’ora prima (un’ora dopo il tramonto, a ‘un’ora di notte’). La stampa nazionale diffonde il comunicato che la diretta televisiva inizierà allo scoccare dell’ora prima. Limitiamoci solo ai tifosi italiani, nello specifico a un milanese e un barese. Entrambi attendono intrepidi lo scoccare dell’ora prima dal loro smart phone. Finalmente lo smart phone del barese lo avvisa dello scoccare dell’ora prima e subito si mette davanti alla tv, ma…. deve attendere per ben 18 minuti l’inizio della partita! Quando il milanese, in perfetto orario sull’ora prima del suo smart phone, si mette davanti alla tv si è perso i primi 13 minuti di partita! Questo avviene perché il momento del tramonto non è contemporaneo in tutto il mondo, ma anzi diverso anche solo spostandosi di poche decine di chilometri. Essendo l’ora italica legata all’ora del tramonto, anche essa varia nello spazio. Nello specifico dell’esempio è corretto piuttosto parlare dell’ora prima di Bari, dell’ora prima di Roma e di quella di Milano.  Come avrà già compreso chi legge queste note, il 25 settembre 2021 il giorno di questa ipotetica partita, l’ora prima di Napoli ha preceduto di 18 minuti quella di Roma, che a sua volta ha preceduto  di 13 minuti quella di Milano.

Ai nostri occhi, ormai abitanti del mondo intero, questa ora italica non ci sembra per niente pratica. Anzi… crea solo problemi e una gran confusione! Insomma, un’ora che varia in continuazione durante l’anno e che varia nello spazio nel giro di poche decine di chilometri!… Una pazzia completa…

Invece rispondeva perfettamente alle esigenze dei nostri avi, tant’è che venne usata per circa quattrocento anni! Quando Napoleone la vietò introducendo l’ora moderna, entrarono tutti in confusione. Pensavano fosse assurdo conteggiare il tempo senza tenere conto del tramonto del sole.       

Gran parte di quell’antica società era basata sul lavoro nei campi, con tutti gli annessi e connessi. Lavori che necessariamente seguivano i ritmi luce-tenebre. Ma anche altre attività erano costrette a svolgersi nei momenti di luce naturale. Avranno fatto eccezione i poeti e gli artisti, che vediamo raffigurati nei quadri a lume di candela… Così, al suono delle ore, il lavoratore sapeva al volo quante ore di luce erano rimaste per lavorare. Sottraeva dall’ora ventiquattresima quella battuta dall’orologio. C’era uno stile di vita legato indissolubilmente alla luce naturale: c’è luce quindi ci si vede, quindi si lavora, il sole è tramontato, non si vede nulla, quindi si torna a casa. Uno stile di vita, come diremo oggi, ecosostenibile! Per di più, dopo il tramonto si chiudevano le porte della città. 

Il fatto che ogni zona aveva la sua ora italica non era considerato un grosso problema. Innanzitutto non erano consueti gli spostamenti, almeno non per tutti. Poi ci si regolava, e se all’appuntamento si ritardava o anticipava di mezz’ora… che problema era. Non perdevano mica il treno!

Contenuti a cura di Sauro Corinaldi

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